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COS'È E LA SUA STORIA

Secondo fonti storiche  la coltura dell’asparago pare abbia avuto origine in Mesopotamia, attuale Iraq, diffondendosi quindi nell’antico Egitto e in Asia Minore oltre 2000 anni fa, e successivamente in tutto il Mediterraneo.

I Romani già dal 200 a.C. nei loro manuali citavano l’asparago, e ne esponevano minuziosamente la coltivazione. L’asparago fu appunto citato da Teofrasto, Catone, Plinio e Apicio; in particolare questi ultimi due ne descrissero  il metodo di coltivazione, ma anche quello di preparazione. Sulle tavole degli imperatori romani gli asparagi erano spesso presenti, sembra che avessero fatto costruire delle navi apposite per andare a raccoglierli, navi chiamate appunto “asparagus”.

Gli asparagi sono il primo germoglio di una pianta  presente in Italia da moltissimo tempo poiché ancora oggi nei boschi si trovano varietà selvatiche e spontanee. Le piante di asparago spontanee sono verdi, sottili e molto saporite

Al tempo dell’antica Roma, gli asparagi della zona di Ferrara e Bologna, erano già considerati una prelibatezza, tant’è che venivano inviati alla capitale avvolti in una carta speciale per mantenerli freschi. E da qui ha inizio l’usanza di avvolgere gli asparagi in fazzoletti di carta personalizzati per mantenerne la freschezza più a lungo.

Gli asparagi di Altedo attuali derivano da queste vecchie piante. Alcuni storici riferiscono che il peso dei turioni di allora arrivava anche a 3 libbre per ogni asparago e che godevano di una enorme fama come prelibatezza gastronomica.

La radice dell’asparago secondo i testi antichi doveva essere una cura per il mal di denti e l’olio estratto, come un repellente per le api. Secondo gli antichi l’asparago aveva anche proprietà positive per ripristinare la fertilità del maschio. Noto come cibo prelibato presso gli Egizi e i Greci, l’asparago è il germoglio (turione) di una pianta officinale originaria dell’Asia. Già ai tempi dei Romani, quelli coltivati nella pianura tra Bologna e Ferrara erano considerati ortaggi di gran pregio, tanto da essere inviati nella Capitale e incartati uno ad uno, per preservarne la freschezza durante il lungo viaggio.

L’attenzione riservata all’asparago si evince anche dalle pagine di molti testi antichi che ne sottolineavano le virtù salutari: si pensava purificasse i reni e che il cattivo odore delle urine indicasse proprio la profonda depurazione dell’organismo attuata da questo ortaggio.
Per molti secoli si è creduto che la sua radice potesse avere diverse applicazioni, come curare il mal di denti, avere una funzione positiva sulla fertilità dell’uomo. Si credeva, inoltre, che l’olio estratto dalla pianta di asparago potesse allontanare le api.

A livello storico-tradizionale, i documenti comprovanti l’origine della coltura, della commercializzazione e dell’utilizzo culinario dell’Asparago verde ad Altedo e nelle zone limitrofe risalgono al XIII secolo. Una prima citazione specifica degli asparagi verdi si trova nella famosa opera «In commodum ruralium cum figuris libri duodecim » del grande agronomo bolognese Pier Crescenzi (1233-1320). Il medico e letterato bolognese Baldassarre Pisanelli, del ’500, nel suo «Trattato de’ cibi et del bere» consigliava: “Che siano domestichi, colti freschi e che le cime comincino a riguardare verso terra “. Ciò dimostra la remota usanza della coltivazione dell’Asparago nelle campagne bolognesi e ferraresi.

E continua, citando gli antichi, “ Gli asparagi nutriscono più di tutti gli altri erbaggi e se si mangiano caldi e ben conditi giouano allo stomaco; mondano le reni dall’arena, senza che notabilmente riscaldino. Sono molto prezzati nelle mense, massime quando sono grossi e teneri. Dioscoride dice che l’ asparago portato addosso, rende sterili tanto i maschi, quanto le femmine. Tuttavia per proua si vede che aumentano e prouocano il coito, il che viene per il molto nutrimento che danno. Ungendosi l’huomo col succo dello asparago non può essere traffitto dalle api. Nascono bellissimi in Germania et in Ravenna, onde disse Martiale,mollis in equorea que creuit spina Ravenna, non erit incultis gratior asparagis.

Cesare per esprimere la velocità di una cosa diceva “Citius quam asparagi coquantur.“. (prima che l’asparago sia cotto).
Altro agronomo bolognese e grande gastronomo, Vincenzo Tanara, del XVII secolo, parla dell’asparago verde nel suo trattato «L’economia del cittadino in villa» del 1644, Libro IV°, “L’Horto”. In due pagine spiega come si coltiva, dalla semina al raccolto dopo tre anni. Nelle ricette anticipa piatti che ancora oggi rappresentano i modi migliori per gustarli: “Pare stuffato posto in piatto con butirro e cacio“….”In frittata d’oua ancora è buono“. Parla anche della conservazione “Conseruasi le cime dell’asparago nell’olio con un poco di sale“, e del trasporto “Mandandosi a Roma e per tutte le parti, involti ciascheduno, in carta da per se, e così non toccandosi si conseruano.“. Oltre alle stesse citazioni del Pisanelli aggiunge: “Avicenna dice, che col far urina puzzolente evaquano ogni mal’odore, e rendono il corpo odorifero.“.

L’asparago raccolto nei territori del Consorzio ha una lontana e consolidata tradizione: nel 1923 alcuni agricoltori altedesi andarono a Nantes, e tornarono con precise nozioni tecniche sull’asparago: dopo alcuni anni di sperimentazione iniziò la coltivazione intensiva dell’ortaggio.
Dopo la seconda guerra mondiale l’asparago-coltura inizio a diffondersi, e la nascita sul territorio di importanti realtà cooperative ha saputo infondere un maggior slancio alla produzione, commercializzazione e produzione di prodotto, contribuendo all’ottenimento del marchio I.G.P. nell’anno 2003, anno di costituzione del Consorzio.